Roma, 1° marzo 2024 – Ogni anno, il 3 marzo si celebra la Giornata mondiale della fauna selvatica (WWD), istituita nel 2013 delle Nazioni Unite per celebrare la conservazione degli animali e delle piante selvatiche.
Come riporta lo stesso sito ufficiale dedicato a questa ricorrenza “Le persone in tutto il mondo fanno affidamento sulla fauna selvatica e sulle risorse basate sulla biodiversità per soddisfare i nostri bisogni: dal cibo, al carburante, alle medicine, agli alloggi e ai vestiti. Per permetterci di godere dei benefici e della bellezza che la natura offre a noi e al nostro pianeta, le persone hanno lavorato insieme per garantire che gli ecosistemi possano prosperare e che le specie vegetali e animali possano esistere per le generazioni future”.
Conservare e tutelare non sono intesi quindi come assoluto divieto di fare delle risorse naturali, fauna e flora comprese, un uso sostenibile.
In questo senso, l’uso sostenibile delle risorse, legato al coinvolgimento delle popolazioni locali, è stato ribadito recentemente dall’IUCN (l’Unione internazionale per la conservazione della natura, organizzazione non governativa internazionale con sede in Svizzera cui è stato riconosciuto lo status di osservatore dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite) come fattore chiave per la conservazione della fauna selvatica – https://bit.ly/IUCNSpeciesSurvivalCommission –. La caccia e la pesca svolte in modo sostenibile sono le attività che assicurano la sopravvivenza a lungo termine delle specie di fauna selvatica, perché l’interesse dell’uomo per l’utilizzo corretto della risorsa fauna permette la conservazione e il ripristino degli habitat naturali, insieme al mantenimento dell’equilibrio fra le diverse specie.
I cacciatori europei e italiani sono protagonisti di centinaia di progetti a favore delle specie selvatiche, descritti nel biodiversitymanifesto.com a favore sia di fauna cacciabile, sia protetta, oltre a numerose azioni di conservazione e ripristino degli habitat.
In Italia il mondo venatorio conserva e ripristina migliaia di ettari di zone umide, nelle quali sostano, nidificano e si alimentano centinaia di migliaia di uccelli migratori, così come sono i fondi degli Ambiti Territoriali di Caccia e dei Comprensori Alpini e di molte Aziende Faunistico Venatorie a investire direttamente in colture a perdere, ripristino di siepi e boschetti, creazione di punti di abbeverata, contenimento del rododendro in aree alpine, coinvolgimento attivo nei monitoraggi.
In merito alla sostenibilità del prelievo venatorio, un recente lavoro presentato al XXI Convegno Nazionale di Ornitologia da parte dell’Ufficio Studi e Ricerche di Federcaccia ha dimostrato che l’incidenza del prelievo venatorio in Italia su 20 uccelli migratori sulle popolazioni è in media dell’1,84%, con una probabile sovrastima per molte specie, poiché si sono considerate le popolazioni europee e non quelle globali.
Questo dato, unito alle tendenze favorevoli di molte specie cacciabili, tra cui quelle soggette a maggior prelievo, dimostra che la caccia come svolta oggi in Italia è sostenibile e rappresenta uno strumento di conservazione imprescindibile per la conservazione della fauna selvatica.
Certamente c’è ancora da fare per migliorare gli ambienti e la gestione di alcune specie ma il principio da seguire è uno: l’uso sostenibile e i cacciatori come parte attiva nelle politiche di conservazione.
Ufficio Studi e Ricerche Faunistiche e Agro Ambientali Federcaccia